Nives Meroi e Romano Benet, la coppia più alta del mondo

Benet E Meroi Insieme, Nella Buona E Nella Cattiva Sorte Nella foto: Alessandro FILIPPINI, Nives MEROI, Romano BENET

Il grande alpinismo debutta al Festival dello Sport

12 ottobre 2023

Una cordata indubbiamente super affiatata, quella formata da Nives Meroi e Romano Benet, che si sono raccontati al pubblico sollecitati dalle domande del giornalista Sandro Filippini. Essere compagni di vita è indubbiamente un vantaggio, per affrontare i tanti problemi che l’esistenza ci pone sicuramente ma quando si deve litigare lo si fa nella stessa maniera a livello del mare come a ottomila metri. “Romano, ha detto Nives Meroi, dice che sono io quella che litiga, per questo mette sempre quei cento metri da me, per non sentirmi.” “Il nostro esordio in Himalaya, hanno ricordato, fu un grande fallimento, mancammo di poco il nostro obiettivo (il K2 dalla parete nord) perché non avevamo più materiale. Ma questa sconfitta è stata importante perché la montagna ci ha messo subito al posto giusto, un’esperienza che si è rivelata preziosissima.” E infatti nel 2006 sono tornati e senza portatori, in stile alpino, sono arrivati in cima “in una giornata incredibile e senza vento, un’esperienza difficile da ripetere”. La loro forza è la forza della condivisione, cosa che manca oggi in tutte le spedizioni commerciali dove persone che non si conoscono si ritrovano e pagano ogni tipo di servizio per essere portate in vetta. “Ma qui, osserva Nives, non c’è alcun gruppo, manca quell’unione che crea la vera forza della cordata, anche sugli obiettivi, che non è la cima, ma riportare la pelle a casa.“
Riprendendo il titolo dell’incontro, la cattiva sorte si manifesta per i due alpinisti nel 2009 al Kangchenjunga. Nives all’epoca aveva ottima possibilità di diventare la prima donna alpinista a salire tutti i 14 Ottomila. “Non ci avevo fato caso – ricorda Romano Benet - al fatto che Nives mi precedeva qual giorno nella salita, io avvertivo una certa stanchezza e ad un certo punto ho anche detto a Nives di aggregarsi ad una delle altre spedizioni. Poi anche abbassandoci le condizioni peggioravano, ho scoperto la malattia, due anni di cure e tre di recupero e tanta fortuna. Nella nostra cordata si sono aggiunti medici, infermieri e donatori” Dopo un primo trapianto di midollo fallito i medici decidono di provarne un secondo dallo stesso donatore. Funziona e Romano guarisce. Due anni dopo, nel 2014, sono di nuovo insieme per ricominciare da dove si era interrotto tutto. E raggiungono la cima del Kangchenjunga.
“Quel giorno lassù eravamo in tre, ricorda Nives, io, Romano e il suo donatore. Il gesto del dono è gratuito e silenzioso e questa è la grandezza. E non conoscere il donatore ti predispone in modo diverso verso il pubblico è come se il bene si moltiplicasse”.
Nei tre anni successivi completano, sempre insieme la salita a tutti i 14 Ottomila concludendo con l’Annapurna, sempre molto temibile per i suoi pericoli oggettivi.
“Ancora una volta qui abbiamo capito che solo unendo le forze con altri alpinisti avremmo potuto farcela, anche rischiando qualcosa in più del dovuto. È stato un grande lavoro di equipe dove ognuno ha dato un proprio contributo, specie nella discesa.”
Anche Meroi e Benet sono incappati negli “esperti” che a tavolino hanno stabilito che nessuno ha salito la vera cima del Manaslu. “Io, ha affermato Romano, non ricordo di aver visto una cima più alta quella volta. Sull’Annapurna ho litigato con Nives per questo e nel dubbio...le abbiamo fatte tutte e tre.”

Oggi Nives e Romano continuano a salire le grandi montagne, ma evitano ottomila e pareti troppo affollate dove magari salgono in più di 70 al giorno. Sono reduci dalla salita al Kabru IV, 7300 m, al confine tra Nepal e Sikkim.
“Samo andati in 4 e non abbiamo incontrato nessuno, una salita impegnativa, con 1000 m finali di ghiaccio duro. Una prima salita dal versante nepalese, e una discesa lunga dove per la prima volta abbiamo fatto un bivacco in parete, dentro un seracco”.
"Diamonds on the soles of the shoes", è il nome che hanno dato a questa nuova via e che richiama il titolo di una nota canzone di Paul Simon, ma anche lo spettacolo dei cristalli e delle stalattiti di ghiaccio dentro quella grotta di ghiaccio che li ha protetti.
Quali cambiamenti sono più evidenti nell’alpinismo himalayano di oggi rispetto al vostro ha chiesto ancora Sandro Filippini.
“Forse l’esperienza delle persone, oggi saltare certe tappe è una prassi e questo è un problema se poi le cose non vanno per il giusto verso. Però l’alpinismo in Himalaya è cambiato in senso positivo per tutti, a cominciare dai locali anche per i locali. È invece peggiorato nella frequentazione, oggi c’è un vero turismo di alta quota, Se solo sei un po’ allenato con 70 mila euro puoi provare a salire l’Everest con buone percentuali di successo. Un ultimo aspetto, la comunicazione. Noi avevamo un satellitare per comunicare a casa che andava tutto bene, punto. Oggi nei campi base tutti tengono aggiornate le pagine social, ma il silenzio è importante per entrare in contatto con questo ambiente con la giusta armonia e credo che tutto questo ti distrae e alla fine non ti fa vivere l’esperienza. È importante prima raccontarsela dentro che all’esterno. Se non ci prendiamo il tempo necessario come facciamo a distillare ciò che questa esperienza ha lasciato?"

(m.b.)

Benet E Meroi Insieme, Nella Buona E Nella Cattiva Sorte Nella foto: Nives MEROI, Romano BENET

@ Nicola Eccher - Archivio Ufficio Stampa PAT

Benet E Meroi Insieme, Nella Buona E Nella Cattiva Sorte Nella foto: Alessandro FILIPPINI

@ Nicola Eccher - Archivio Ufficio Stampa PAT

Benet E Meroi Insieme, Nella Buona E Nella Cattiva Sorte Nella foto: Alessandro FILIPPINI, Nives MEROI, Romano BENET

@ Nicola Eccher - Archivio Ufficio Stampa PAT

Benet E Meroi Insieme, Nella Buona E Nella Cattiva Sorte Nella foto: Nives MEROI

@ Nicola Eccher - Archivio Ufficio Stampa PAT