Solleviamo il mondo

6 ottobre 2021

Giorgia da piccola frequentava corsi di ballo e suonava il flauto traverso; Nino, ragazzino vivacissimo ma poco interessato al calcio, è stato "ammaliato" da un video presentato dal medico del paese per stimolare i ragazzi a partecipare ai giochi della gioventù; Mirko, che arrivava sempre ultimo o penultimo in tutti gli sport, era appassionato di pallavolo e non pensava ad altro. Fino fino a che tutti si sono innamorati dal sollevamento pesi che da una palestra di paese li avrebbe poi portati sul podio olimpico di Tokyo 2020: lei, Giorgia Bordignon, argento; loro, Nino Pizzolato e Mirko Zanni, bronzo. Un sogno diventato realtà ma che non si ferma qui: il loro sguardo va a Parigi 2024 mentre a palazzo Geremia raccontano la fatica, i timori, le preoccupazioni, le emozioni fatte di gioie ma anche di delusioni per una sfida continua.

Testa, fisico e forza sono le tre componenti che formano un campione: lo hanno detto i tre giovani azzurri, lo ha confermato un altro campione del sollevamento pesi come Norbert Oberburger, oro alle Olimpiadi di Los Angeles di 37 anni fa. Con impegno e sacrificio i risultati arrivano, ma non sono sempre quelli sperati. Se l'argento Bordignon e il bronzo Zanni si sono detti soddisfatti, la rabbia e la delusione in Pizzolato sono ancora forti: dopo aver vinto l'Europeo era dato per favorito a Tokyo ma l'oro non si è visto..."Ho sbagliato, ma sono contento di averci provato. Questa disciplina è una sfida con se stessi prima che con gli altri - ha sottolineato l'atleta siciliano soprannominato Caterpillar - e ora non mollo assolutamente. Sto facendo il conto alla rovescia per le prossime Olimpiadi". A lui, come agli altri due medagliati, i Giochi di Tokyo hanno cambiato la vita. "E' bello uscire di casa ed essere riconosciuti. E voglio sfatare una fake news - ha detto Bordignon - Il sollevamento pesi non ti fa diventare come un maschio: è una disciplina sportiva adatta anche alle ragazze. Certo, ci vuole un po' di incoscienza sennò non ti butti sotto un bilanciere".

E perché mai un ragazzo dovrebbe avvicinarsi a questo sport individuale segnato da sudore e fatica? "Non è solo questo. Certo, lo sport di squadra è più coinvolgente e stimolante perché ci si carica a vicenda. Qui invece sei solo con te stesso, ma la fatica è ampiamente compensata perché prima o poi, se ci credi, i risultati arrivano. Quando poi - concludono Pizzolato e Zanni - puoi dire di far parte di un'estate italiana di grandi successi nello sport è davvero meraviglioso. E noi possiamo dire anche di aver contribuito a fare conoscere la nostra disciplina: tre passi avanti sono stati fatti".