Cairo, Dal Pino, Boban, Tebas: il calcio che verrà

Il calcio resta lo sport più seguito e popolare, ma anche quello con più incognite economiche. La pandemia ha dato un duro colpo al movimento, già insidiato da speculazioni, opportunismi, passi più lunghi della gamba. Il giornalista Andrea Di Caro non ha esitato a parlare di “virus” del calcio, introducendo il dibattito sul “calcio che verrà” animato da Urbano Cairo, presidente di Rcs (che con Gazzetta organizza il Festival) e del Torino Calcio, dal presidente della Lega Calcio Paolo Dal Pino, da Zvonimir Boban, indimenticato campione croato del Milan già dirigente Fifa e ora dirigente Uefa, e dal presidente della Liga spagnola, Javier Tebas. Non ci sono ricette garantite e sicure per guarire il calcio e le sue distorsioni, ma buone idee sì.

Da sinistra Di Caro, Boban, Dal Pino, Cairo e sullo schermo Tebas

9 ottobre 2021

Il calcio europeo delle quattro principali leghe nazionali (Premier, Bundesliga, Liga, Serie A) ha perso 5 miliardi di euro nell’anno e mezzo della pandemia. Stadi vuoti e costi invariati per le società hanno messo a dura prova molti club anche vincenti e blasonati. Il tentativo – fallito – di costruire una Superlega per i superricchi è naufragato. Zvonimir Boban non ha dubbi: «Si è trattato di un basso tentativo di far prevalere gli interessi di pochi. Un vergognoso atto di forza che rischiava di cancellare i 140 anni di storia del nostro calcio. La reazione popolare fortemente contraria ha detto tutto su quanto fosse inopportuno quel progetto». Per Boban la pandemia è stata solo uno dei problemi recenti del calcio: «C’è tanta irresponsabilità, che va fermata. Ma è destinato a fallire ogni progetto che non rispetti il calcio e i suoi tifosi. Il calcio è quello che è grazie al ruolo fondamentale delle piccole e medie squadre. Chiunque può vincere con chiunque». Per aumentare i ricavi si tende a infarcire la stagione di competizioni e partite in più. Boban è nettamente contrario: «Non è accettabile. Nemmeno l’idea di un mondiale ogni due anni. I calendari sono già intasati e i calciatori devono avere il tempo di recuperare tra una partita e l’altra. Nessuna rivoluzione del calcio senza coinvolgere tutti». Urbano Cairo individua tre punti per il rilancio del calcio sotto il profilo economico. Aumentare i ricavi riportando i tifosi allo stadio, in stadi accoglienti e accattivanti; aumentare i ricavi dalla vendita dei diritti televisivi all’estero; calmierare i costi, evitando super-ingaggi e che troppi calciatori si svincolino a parametro zero. Il presidente della Lega Serie A Dal Pino ha ribadito la necessità di dare presto gambe al progetto mediacompany della Lega (già pronto e attivo il centro broadcasting di Lissone) e spingere i club da una mentalità opportunistica a passare a una mentalità strategica. La Superlega non era la soluzione, ma qualcosa da trasformare per rendere il calcio sostenibile c’è. Partendo da stadi più belli e di proprietà: «In Italia, se sei bravo e fortunato, impieghi dieci anni per realizzare un nuovo impianto; all’estero ne bastano due». Per Tebas, numero uno della Liga spagnola, bisogna tornare a riempire gli stadi. «I minori ricavi sono conseguenza di una congiuntura temporanea – ha detto – e non strutturale. Servono almeno tre stagioni, ma il calcio si riprenderà. Non serve un mondiale per club. In Spagna i procuratori non sono troppo pagati (dal 7 al 15% degli ingaggi del giocatore assistito) ma in altri campionati il loro peso diventa un problema». Insomma, per capire qual è il calcio che verrà, la considerazione di Boban che fotografa la situazione aiuta a tracciare una rotta: «Le società di calcio sono aziende, ma il calcio non è solo numeri. È anche emozione, competizione, socialità».

Zvonimir Boban

@ FOTO: Simonini Archivio Ufficio Stampa Provincia autonoma di Trento

Paolo Dal Pino

@ FOTO: Simonini Archivio Ufficio Stampa Provincia autonoma di Trento

Urbano Cairo

@ FOTO: Simonini Archivio Ufficio Stampa Provincia autonoma di Trento