I “mitici” striscioni di Militello e l’Everest da record di Andrea Lanfri

Over Nella foto: Andrea Lanfri, Silvia GUERRIERO

Sabato di risate e grandi avventure in piazza Duomo

14 ottobre 2023

Ironia travolgente sabato mattina in piazza Duomo a Trento, con gli striscioni di “Giulietta è...” di Cristiano Militello, noto personaggio televisivo e conduttore radiofonico. A vent’anni esatti dalla prima uscita, torna con il suo nuovo libro, fresco di stampa. Nel testo, integra e commenta gli striscioni più esilaranti apparsi sugli spalti degli stadi italiani in un volume completamente nuovo, un’antologia definitiva mai così ricca e completa. “Buongiorno amici – ha salutato tra gli applausi Cristiano Militello – è la mia prima volta al Festival e cercherò che non sia anche l'ultima. Trento mi ha subito dimostrato grande vicinanza ieri sera, salutandomi con un: 'ciao Staffelli'. Negli anni '80 c'era chi collezionava cartoline o francobolli, io ho scelto gli striscioni divertenti. In effetti la rubrica tv è figlia proprio del mio libro”. Militello, toscano di origini, è infatti autore, cabarettista, personaggio televisivo e conduttore radiofonico. Grande appassionato di calcio, da sempre raccoglie gli striscioni degli stadi italiani e nel 2004 li ordina per la prima volta in un libro, il cui straordinario successo editoriale lo porta a essere inviato fuori dagli impianti per conto di Striscia la notizia.

Da allora a oggi, nella rubrica Striscia lo Striscione, assembla e commenta le immagini più divertenti delle curve e dei campi italiani. “Visto il momento storico per il nostro calcio, non proprio felice – conferma Militello – noi possiamo dire di avere un grande talento, quello di essere spietati in modo geniale. La cosa bella è che aprendo il libro, ovunque apri e ridi. Questo però, è anche un viaggio sociologico nel nostro paese. Si passa dai primi striscioni di fine anni '60 fino ai meme sui social”. Dalle uscite nella Genova degli anni Settanta unendo la battaglia per i diritti civili alla celebrazione di un difensore sampdoriano, fino a “City stati sfortunati”, scritta spray vergata sulla serranda dell’Inter club Zollino (Le), dopo la finale di Champions League 2023. Non mancano “Vesuvio facci sognare” dei gialloblù veronesi esposto nella partita di andata a Napoli, a metà degli anni Ottanta. Ma anche moltissimi altri slogan, cori, scritte sui muri, sfondoni giornalistici, gufate leggendarie. Ma come è arrivata Striscia per Militello? “Ci sono arrivato a 36 anni, ma iniziai la mia carriera molto presto a 16 anni, dopo aver lavorato con molti grandi della tv. Il giorno che mi chiamò Striscia ero a fare cabaret a Vietri sul mare, ad un matrimonio. Mandai un provino e iniziai quindi nel 2004 con la prima puntata di Striscia lo striscione”. Non mancano poi gli aneddoti clamorosi. “Ho letto cose clamorose – aggiunge Militello - su Roma e poi come possiamo dimenticare i mille campanili della Toscana. I ricordi fuori dallo stadio sono però moltissimi. Spesso sono loro, quei personaggi molto originali, che trovano me, per questi saluti irriverenti. Spesso mi chiedono di che radio siete? Ovviamente non mancano i richiami a Totti, Cassano e molti altri con battute uniche. Una dinamica affascinate è però l'essere perfidi aggirando gli ostacoli”. Molti striscioni sono figli del loro tempo, alcuni personaggi in particolare non mancano mai. “E' vero – dice Militello – sono figli di quel momento. E' cambiato il paese, ma è cambiata anche la società. Cassano è sicuramente tra i più citati. La Fiorentina ovviamente è tra le più presenti nel libro, con moltissime uscite ironiche. Ovviamente Napoli, Roma e tutte le altre squadre con i diversi calciatori del periodo. E ancora, come dimenticare il 'passerotto' di Del Piero e tanti altri simili”. Infine, non mancano le amare riflessioni di Militello: “Permettetemi di dire e statene certi – conclude il conduttore tv, tra le risate del pubblico – questo grande patrimonio popolare, nessuna Arabia Saudita, ce lo potrà mai acquistare”.

La mattina in piazza Duomo, si è aperta con “Over, il mio Everest e altre montagne” di Andrea Lanfri, alpinista paralimpico, ma anche argento mondiale e bronzo europeo. Nel 2015 una malattia ha tentato di fermarlo ma lui è riuscito a superare anche le difficoltà. In poco tempo è riuscito ad entrare nella nazionale paralimpica di atletica, vincendo due argenti mondiali e stabilendo i record italiani di velocità nei 100, 200 e 400 metri. Dopo due anni di frustrazioni, cadute e duro adattamento, dal 2019 Andrea riesce a scalare il Monte Bianco (4810 metri), il Monte Chimborazo in Ecuador (6268 metri) e i 7246 metri del Putha Hiunchuli in Nepal, l’anticamera del sogno. Dopo l’Everest, nel 2022, ha conquistato un’altra tappa delle sue Seven Summits, scalando in solitaria l’Aconcagua in Argentina. “E' il mio terzo libro – conferma Lanfri – parla di montagne e di avventure ma anche della mia vita. Io arrivo dalla Toscana con la passione per il trekking e per la natura. Cresco, arrivano le prime arrampicate e l'alpinismo, poi nel 2015 è arrivata la malattia – una meningite improvvisa a 29 anni -, che non mi ha però fermato. Nel libro racconto il vecchio Andrea e il nuovo Andrea. All'inizio ero completamente smarrito, non capivo cosa mi stava accadendo. Il secondo pensiero è stato: ho avuto fortuna. In seguito, tante battaglie per tornare alla vita normale. Il prezzo da pagare sono state varie amputazioni. Nonostante tutto però, ero convinto di tornare in montagna, anche se la realtà è stata molto diversa per diversi mesi. Non mi sono mai arreso. I fallimenti, nella quotidianità mi hanno aiutato a ripartire. Ho iniziato così a correre anche con le protesi. La mia breve carriera di atleta è stata la mia vera riabilitazione”.

Il primo grande ostacolo è stato però quello di acquistare le protesi che costavano moltissimo. “Il mio primo obiettivo – aggiunge Lanfri – è stato quello di raccogliere i fondi necessari. Abbandonata l'idea degli sponsor, decisi di lanciare una raccolta fondi e in pochi giorni sono riuscito a raggiungere il mio obiettivo. Avevo gli strumenti per ripartire e da quel giorno nessuno mi ha più fermato, con tanti risultati da atleta”. Successivamente però, la montagna è tornata in primo piano. “Dal 2019 – precisa Lanfri – la montagna si è presa tutto. Sono passato da puro velocista ad alpinista in poco tempo con il sogno dell'Everest. Una vera e propria sfida personale, che si è concretizzata. Non è stato facile tornare ad arrampicare con le protesi. La roccia è molto più difficile del ghiaccio per me. Serve molto equilibrio sicuramente. Ad oggi ho 12 paia di protesi per allenamento, corsa, bici, nuoto e cerco di fare un po' di tutto. Io le chiamo i miei 'piedi da alpinismo' o da arrampicata, ciclismo. Uso cose molto semplici, non c'è nulla di speciale, sono tra le più semplici, perchè devo sempre portarle nel mio zaino”. Ma come è andata sull'Everest? “La nostra salita è stata pianificata nel dettaglio – conclude Lanfri – abbiamo scelto la via classica. Tutto pronto fino al campo 3, aspettavamo la finestra meteo e poi la grande realtà della vetta. Il ricordo di questa avventura è che l'abbiamo vissuta al massimo fino in fondo, stanchi ma sempre con il sorriso. Ringrazio quanti mi hanno seguito anche virtualmente. Chi scopre il vero Nepal, entra davvero in contatto con un mondo unico. L'Everest però, è stata una tappa, la prossima sfida sarà a dicembre in Australia, ma sto già scalpitando per tornare in Nepal e in altri posti del mondo”. Andrea Lanfri è davvero un uomo la cui schiettezza e umiltà sono pari solo alla tenacia. Per questo, la sua autobiografia è un tributo alla fiducia e all’amore per sé stessi, una spinta alla realizzazione dei propri desideri e un messaggio per i giovani, nella convinzione che nulla è impossibile: “I limiti sono solo nella nostra mente”.

Over Nella foto: Andrea Lanfri, Silvia GUERRIERO

@ Marco Simonini - Archivio ufficio stampa PAT

Over Nella foto: Andrea Lanfri

@ Marco Simonini - Archivio ufficio stampa PAT

Nella foto: Cristiano MILITELLO

@ Domenico Salmaso - Archivio Ufficio Stampa PAT

Nella foto: Cristiano MILITELLO, Massimo ARCIDIACONO

@ Domenico Salmaso Domenico Salmaso - Archivio Ufficio Stampa PAT