La scherma di Tommaso Marini tra sensoristica e genuinità
Nella scherma l’80% del lavoro lo fa la testa. La concentrazione è fondamentale, ma anche la tecnologia aiuta. Sia in allenamento – quando strumenti di monitoraggio come il tappeto di sensori optojump permette di migliorare il proprio salto – che in gara, dove un maggior utilizzo delle reti wireless rende la competizione più scenografica. Parola di Tommaso Marini, classe 2000, campione del mondo di fioretto a squadre, protagonista del talk “Il senso(re) dello sport”, oggi al Muse per il Festival dello Sport.
24 settembre 2022
Tommaso Marini, campione del mondo di fioretto a squadre – classe 2000 – si è raccontato oggi pomeriggio al Muse per il Festival dello Sport nel talk “Il senso(re) dello sport” con la giornalista Alessia Cruciani e il direttore R&D di Microgate Federico Gori. Proprio Microgate, infatti, ha fornito alla nazionale italiana di scherma l’optojump. «Si tratta – ha spiegato Gori – di un sistema di rilevamento ottico, composto da una barra ricevente e una trasmittente, ciascuna delle quali contiene 96 piccoli sensori rasoterra, che formano una sorta di tappeto a raggi infrarossi che rileva i movimenti dell’atleta».
«A me – ha confermato Marini – questa tecnologia è servita moltissimo per migliorare nei salti». La scherma infatti è uno sport complesso dove entrano in gioco vari fattori: la velocità, la reattività e la resistenza. La preparazione atletica comprende quindi un lavoro a trecentosessanta gradi. «Quando si pensa alla scherma – ha continuato il campione – vengono subito in mente luci, sensori, i misuratori dei battiti e della stanchezza muscolare. Eppure, ci sono ancora tante cose che si potrebbero migliorare. Se alle Olimpiadi e ai mondiali, infatti, è tutto wireless, le coppe del mondo e altri circuiti di gara prevedono ancora l’ancoraggio ai cavi, che meno scenografico e più scomodo».
Senza dimenticare, però, che in questo sport l’80% del lavoro lo fa e lo farà sempre la testa.
«La concentrazione è fondamentale – ha concluso lo schermidore – io, per esempio, ho avuto un periodo di forte stress e ho anche pensato di mollare. Poi ho capito che dovevo pensare più a divertirmi e meno a vincere ed ecco che i podi sono arrivati, perché avevo ritrovato l’equilibrio. Per questo motivo, sui social, penso sia importante che noi atleti ci mostriamo a tutto tondo, in modo genuino, raccontando le nostre fragilità e restituendo a chi ci segue i valori sani dello sport. Facendo capire che i risultati si ottengono con impegno e fatica, imparando a convivere con le fragilità e a superare le difficoltà».
@ Domenico SALMASO- Archivio ufficio stampa Provincia autonoma di Trento
@ Domenico SALMASO - Archivio ufficio stampa Provincia autonoma di Trento
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