Sabatini, Caironi, Contrafatto: «Siamo tre cuori e una protesi»
Si erano già auto-battezzate Trio Medusa, le tre atlete paralimpiche che a Tokyo avevano tinto di azzurro l’intero podio nei 100 metri, ma al Festival dello Sport riconfermano la loro sintonia, svelando un rapporto di ammirazione reciproca. «Ero in ospedale quando ho visto correre Martina Caironi in televisione» - racconta Monica Contrafatto - «lei per me ha rappresentato la luce in fondo al tunnel, in termini sportivi». Un sentimento che a sua volta ha vissuto Ambra Sabatini, quando, convalescente, ha trovato nelle oggi compagne di squadra un’ispirazione. Ma anche un’emozione che è pronta a spingersi oltre, ad andare al di là del trio: «La cosa che mi fa sentire bene, è che so che ora, noi tre, possiamo essere a nostra volta un esempio per le nuove leve, per i nuovi ragazzi» - dichiara infatti ancora Martina.
6 ottobre 2021
Sono amiche e supporter l’una dell’altra, Sabatini, Caironi e Contrafatto, tre ragazze con - per dirlo con le loro stesse parole - «un solido rapporto anche al di fuori della pista, tutte e tre molto forti, ma capaci di non vedere nella forza delle altre un problema, nemmeno nei momenti pre-gara». Eppure, allo stesso tempo, rappresentano uno stimolo reciproco (in un’ottica di sana competizione) al miglioramento: «Ho iniziato a correre e in Italia non c’era quasi nessuno che competesse nella mia categoria» - racconta Martina che, come le compagne, gareggia nella categoria T63, ovvero su pista e con una protesi derivata da amputazione monolaterale transfemorale - «il mio tempo migliore, che superava i 19’’, rappresentava quindi un record. L’arrivo di Monica e Ambra ha comportato un’evoluzione».
Un’evoluzione in termini di tempi – sono 14’’73 per il bronzo, 14’’46 per l’argento e 14’’14 per l’oro a Tokyo – ma anche di risonanza e di approccio alla disabilità nello sport. «Spero che il boom che questo podio tricolore ha portato con sé – afferma infatti Martina – serva a continuare il percorso di espansione della conoscenza del mondo paralimpico e di un avvicinamento positivo alla disabilità». Bersagliera ferita in missione in Afghanistan Monica, atleta in differenti discipline prima dell’incidente che le è costato la gamba sinistra Martina, e mezzofondista di successo già prima dell’amputazione Ambra, le tre atlete dimostrano come percorsi diversi possano condurre a risultati simili. Ironiche, divertenti, si fanno esempio di rinascita ma anche e soprattutto di amicizia: tre donne diverse, tre generazioni diverse, unite nell’emozione di condividere quel podio, quell’”attimo vincente”.
Sono atlete, ma – come loro stesse sottolineano più volte – sono anche donne, con fragilità e peculiarità. Un’unicità e umanità che si riconferma sul palco del Festival dello Sport, quando Martina confida in diretta ai genitori il trasferimento a Bergamo e li saluta con un bacio a fine intervista; quando Monica gioisce per il breve video-messaggio che le invia Carmen Consoli, suo mito fin da bambina; quando Ambra trattiene le lacrime riguardando Alex Zanardi farle forza per rialzarsi e rimettersi in pista, in un video risalente al 2019, data dell’incidente. E il futuro? Rispondono ancora una volta come donne, le tre podiste, prima che come atlete: «Mi sono iscritta all’università, pur avendo 40 anni – svela Contrafatto – ma il mio sogno, seppur remoto, è quello di poter tornare un giorno in Afghanistan». Poco tempo, invece, resta secondo Caironi, «per quello che non è l’atletica: fare un figlio, tornare in Africa come volontaria, finire l’università».